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Fusione nucleare: l’Europa e l’Italia si posizionano nella corsa mondiale all’energia del futuro

L’energia da fusione nucleare attira oggi un massiccio afflusso di investimenti e di attenzione, benché la tecnologia resti in gran parte sperimentale. L’Unione europea ha previsto nel suo quadro finanziario pluriennale 2028-2034 un sostegno di 1,4 miliardi di euro alla ricerca sulla fusione, cui si aggiungono 4 miliardi per il progetto ITER, il reattore sperimentale situato nel sud della Francia dedicato al confinamento magnetico. Questa accelerazione avviene in un contesto in cui l’Europa cerca di rafforzare la propria autonomia energetica di fronte alla dominazione cinese nel solare, nelle batterie e nell’eolico.

La Germania si distingue come uno dei principali centri di questa dinamica. Il governo tedesco ha presentato un piano d’azione da due miliardi di euro entro il 2029 per aprire una centrale elettrica a fusione, mentre la startup europea Gauss Fusion — con sede in Baviera ma con azionisti francesi, spagnoli e italiani — ha svelato un progetto di centrale a fusione per la metà degli anni 2040, per un investimento stimato tra 15 e 18 miliardi di euro. In Italia, attori pubblici e privati come ASG Superconductors, l’ENEA e il consorzio ICAS partecipano a questa filiera emergente.

Nonostante l’entusiasmo attorno alla fusione, la strada verso la commercializzazione resta lunga e costellata di ostacoli. Nessuna azienda o laboratorio ha ancora stabilizzato una reazione di fusione per un tempo sufficiente a considerare un utilizzo industriale. Inoltre, la competizione è globale: Stati Uniti e Cina dominano già per gli ingenti investimenti privati — ad esempio, la startup americana Commonwealth Fusion Systems ha raccolto quasi 3 miliardi di dollari.

Questa corsa alla fusione illustra come energia, tecnologia e finanza si intreccino ormai su scala mondiale. Anche se lo sfruttamento su larga scala resta rimandato di diverse decadi, il settore diventa un terreno strategico per chi vuole «restare avanti». L’Europa, e in particolare Paesi come l’Italia, intende non perdere questa svolta, tessendo partenariati, investendo nell’innovazione e costruendo le basi di una futura industria.