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Questo mese di novembre segna il quarto anniversario della firma del Trattato del Quirinale, e sicuramente, quando è stato firmato, pochi potevano immaginare il contesto di cambiamento in cui si sarebbe trovato ad operare.

In qualche modo quindi possiamo dire che i “saggi” che hanno lavorato alla sua redazione siano stati profetici a proposito della necessità di un tale accordo tra Francia ed Italia, che andava ad aggiungersi, ed in qualche modo completare, quello di Aquisgrana tra Francia e Germania.

Le sfide in campo globale si sono nel frattempo moltiplicate, e parlano tutte della necessità dell’Europa di sviluppare le proprie capacità industriali e tecnologiche per fare fronte ad un contesto divenuto sempre più competitivo, e per molti versi ostile, in modo da giungere ad una vera autonomia strategica in alcuni campi.

Si tratta di ambiti in cui il nostro continente sconta un ritardo a volte notevole, e su cui servono decisioni coraggiose, tutte in direzione di una maggiore coesione, compiendo coraggiosi passi indietro rispetto alle tradizionali logiche dell’interesse nazionale. 

In questa visione abbiamo sempre affermato che, in Europa, il bilateralismo, capace di allargarsi a geometrie diverse e variabili, fosse un punto di partenza migliore rispetto alla ricerca di improbabili unanimità, e che il bilateralismo italo-francese potesse fare cose importanti in molti campi industriali e tecnologici, trovando nella Germania il proprio partner ideale.

La riunione delle tre organizzazioni industriali di Italia, Francia e Germania dello scorso 5 e 6 novembre a Roma, è stata un momento importante di questo interscambio, ed ha puntualizzato la necessità di creare le condizioni per uno sviluppo industriale condiviso tra i tre paesi, creando delle supply chain efficienti, in grado di fare fronte alle esigenze di sviluppo, mantenendo standard corretti per le esigenze della transizione ecologica, ma evitando obiettivi troppo sfidanti e sostanzialmente dannosi.

Per questo servirà però, da parte delle istituzioni europee, una diversa efficienza ed una sostanziale de-burocratizzazione per rendere più snelle molte procedure, perché i nostri competitor per molti motivi, sono più veloci ed efficienti nelle decisioni. Quando poi questo si aspetto si aggiunge a capacità finanziarie molto maggiori, allora la risposta deve venire da una reale capacità di reinventare le proprie condizioni di ingaggio e le proprie capacità produttive, razionalizzando al massimo la spesa.

E’ un discorso che Francia, Germania ed Italia debbono fare il più possibile insieme e proporre in sede UE agli altri attori della politica europea, tenendo ben presente che non si tratta più di scegliere una strada piuttosto che un’altra, ma di dare un senso all’idea di Europa, prima che sia troppo tardi.

Fabrizio Maria Romano                                                                                                                                                                                        Presidente IREFI